Con la successione (1200) di Ottone VI,
Genova vede finalmente matenere le promesse mancate dell'Imperatore Enrico VI.
Siracusa passa da Pisa a Genova.
Pisa non accetta la nuova situazione ed occupa la città contesa.
La risposta genovese giunge nel 1204 con la liberazione di Siracusa e la cessione in feudo a
Alamanno della Costa.
I pisani ritornano all'offensiva assediando la città nel 1205.
Le forza congiunte genovesi e del
Pescatore sconfiggono i pisani e ne catturano le navi.
I tentativi di mediazione tra le parti risultano inconcludenti.
La guerra dilaga e Genova si trova a dover affrontare un notevole numero di avversari su più fronti contemporaneamente.
La lista dei nemici è lunga:
Nizza, Marsiglia, Pisa, città Provenzali e Venezia.
Nonostante la sproporzione di forze,
la Repubblica riesce ad avere la meglio su tutte le forze ostili.
1211 pace di 21 anni con Marsiglia,
1212 e 1215 pace con Venezia,
1212 tregua di 5 anni con Pisa,
sottomissione di Nizza,
sottomissione di Gavi,
imprigionamento decennale per i Marchesi Malaspina,
richiesta di pace da Tortona,
donazione di propria volontà di Capriata d'Orba.
Tra il 1212 ed il 1217 si registra il temporaneo ritorno all'istituzione consolare.
Nel 1217 scoppiano nuovi disordini interni,
viene ripristinato il Podestà e sostituiti i Consoli Placiti con 5 Dottoti in Legge forestieri.
Nel 1218
Guglielmo Embriaco "
il Negro" e
Lanfranco Rosso concordano in Francia le condizioni di imbarco per una nuova Crociata.
Ad agosto dello stesso anno la spedizione parte da Genova.
200.000 uomini sbarcano sulla riva orientale del Nilo.
La strategia prevede di colpire il Sultano d'Egitto iniziando un assedio congiunto con i Crociati provenienti dalla Terra Santa.
L'operazione però non sortisce i risultati sperati e
Genova si vede costretta ad inviare in rinforzo 10 galee al comando di
Giovanni Rosso della Volta e
Pietro Doria più 4 galee di
Alemanno della Costa e
Monleone.
I rinforzi partiti il 23/07/1219 giungono a destinazione ad agosto.
Gli aiuti ridanno forza ai Crociati costretti a difendersi dalle sortite saracene.
La voce dell'imminente arrivo dell'Imperatore, porta il Sultano a chieder la pace offrendo insperate concessioni (liberazione dei prigionieri e territori vari).
Il
Legato Pontificio,
probabilmente non comprendendo pienamente la gravità della situazione,
respinge l'offerta.
Il 05/12/1220 cade
Damiata e molti tesori vengono prelevati.
Dopo questa vittoria nascono delle divisioni tra i Crociati dettate dalla scelta degli obiettivi.
Le due strategie contrappongono l'obiettivo finale di Gerusalemme al Cairo.
Il Sultano torna ad offrire una tregua trentennale che viene nuovamente rifiutata.
La controffensiva saracena aiutata dall'allagamento artificiale del Nilo porta alla ritirata dei Crociati e allo scambio di prigionieri con condizioni molto meno favorevoli delle precedenti proposte.
La pace sul piano internazionale viene però sconvolta dalle sommosse della Riviera di Ponente.
Vengono inviate truppe a sedare le rivolte di:
Ventimiglia, San Remo, Noli, Diano, Albenga e Savona.
Riportato l'ordine a ponente,
le truppe vengono inviate a contrapporsi alle forze di Alessandria, Tortona, Vercelli e Milano che minacciano i traffici commerciali.
Le forze ostili alla Repubblica,
nel tentativo di occupare Capriata,
vengono sconfitte e messe in fuga.
Il Podestà
Brancaleone di Ansaldo (bolognese) raduna a Gavi l'esercito e
muove contro il castello di Montaldo (Alessandria) riuscendo a distruggerlo.
Nuovamente il Podestà raduna a Gavi un nuovo esercito di 1200 uomini al quale se ne aggiungono 200 del
Conte di Savoia (convenzione di Asti 13/06/1225).
La morte prematura per malattia del Podestà causa lo sbando delle truppe e l'impossibilità di risolvere la questione.
Subito ne aprofittano Savona e Albenga coalizzate con altre città minori per insorgere.
Il 1228 vede una nuova espansione genovese nel ponente fino a Marsiglia con la quale viene stipulata una convenzione.
Purtroppo lo stesso anno viene definitivamente persa Nizza per mano del Conte di Provenza.
Segue un periodo di guerre contro i Mori di Spagna e del Marocco.
L'arrivo di Federico II porta pessime novità,
l'Imperatore riceve gli ambasciatori di Savona e Albenga e li reindirizza alla corte del Conte di Savoia intenzionato a sottrarre le città a Genova.
Le ribelli non giurano più fedeltà alla Repubblica.
Noli rimane invece fedele al giuramento e offre rifugio agli ambasciatori genovesi scacciati da Savona ed Albenga.
Scatta la risposta armata,
Belmustino Visconte e poi
Amico Straleria con la flotta bloccano i porti ribelli mentre 50 uomini di
Nicolò Croce si appostano a Noli in difesa della città alleata.
Il nuovo Podestà
Lazzaro di Gherardino Giandone impone la pace cittadina,
raduna il popolo ed un nutrito esercito di elementi tosco-lombardi,
distribuisce le bandiere delle Compagne ed incita a punire gli insorti.
Nonostante la forte resistenza,
viene espugnata Stella,
cade Albisola e dopo sette giorni di assedio viene presa Savona.
La punizione per la città non è lieve.
Il Podestà distrugge le mura,
riempe i fossi difensivi,
distrugge le infrastrutture portuali molo compreso,
cattura 150 ostaggi e
erige una fortezza a guardia della città.
Il giorno stesso,
nell'impossibilità di resistere alle truppe genovesi,
Albenga capitola.
Vengono anche nominati i Podestà di Savona e Albenga rispettivamente nelle persone di:
Giovanni Spinola e Guglielmo Rosso della Volta.
Viene anche imposto che le due città non possano mai più eleggere un proprio magistrato per governarsi.
Milano riesce a mediare la pace tra Genova e Alessandria, Tortona, Vercelli.
La pace viene brevemente interrotta nel 1228 da una breve guerra con Alessandria.
Nel 1232, il nuovo imperatore
Federico II ritira le concessioni riconosciute precedentemente nel 1200.
Genova perde i privilegi in Sicilia, a Napoli ed in Palestina.
Il motivo dello scontro diplomatico-economico è l'elezione a Genova del Podestà di origine milanese,
fatto proibito a tutte le città della penisola.
Ad aggravare la situazione giunge l'ordine imperiale di imprigionare tutti genovesi e sequestrarne i beni.
Genova allestisce una flotta agli ordini di
Guglielmo Mallone,
Ansaldo Bolero,
Bonifazio Panzano e la invia proteggere i genovesi ed i loro beni.
La scomunica e la Lega Lombarda costringono l'imperatore sulla "difensiva" e
per alleggerire la propria situazione ritira gli ordini di sequestro e carcerazione verso i genovesi.
L'Imperatore riesce però a capovolgere la situazione e allestito un esercito,
sconfigge le città alleate.
I ghibellini risollevati dalla notizia della vittoria,
si riorganizzano e a Genova colgono l'occasione dell'elezione di un nuovo Podestà milanese per scatenare la guerra civile.
Le sommosse cittadine e le rivolte delle riviere come già successo in passato vengono sedate con la forza.
Nell'intento di coprirsi le spalle,
per proseguire la campagna italiana,
Federico II propone la pace ed ottiene la fedeltà di Genova.
Le pretese imperiali però aumentano giungendo fino alla richiesta di "dominazione".
Le minacce spingono i ghibellini a proporre la sottomissione ma
il parlamento radunato in Duomo rifiuta categoricamente.
Nel 1239 il Pontefice scomunica l'Imperatore e organizza con Genova e Venezia una
lega difensiva per nove anni.
Subdolamente l'Imperatore inizia una campagna "sommersa" di rivolte, promesse e aiuti per far sollevare le Riviere.
Genova in risposta alla minaccia affida a
Rosso della Turca e
Fulcone Guercio le otto Compagne.
La minaccia si concretizza con
Guglielmo Spinola che con le sue forze marcia sulla città.
Lo scontro si accende sui monti e prosegue nel centro abitato.
Il Parlamento convocato sulla questione condanna alcuni nobili accusati di aver organizzato le sommosse,
tra di essi spiccano alcuni esponenti delle famiglie Spinola e della Volta.
Alcuni palazzi di proprietà dei condannati vengono saccheggiati.
Il giuramento di obbedienza e l'intercessione Vescovile permettono il ritiro delle condanne.
Per opporsi efficacemente all'Imperatore,
Genova con Milano e Piacenza si uniscono in una lega difensiva.
Il vicario imperiale viene cacciato e le forze congiunte tedesco-alessandrine vengono sconfitte.
Viene indetto un concilio papale contro Federico II.
Viene costituita una scorta di 20 galee per i prelati radunati a Nizza e diretti a Roma.
La rotta prevede scali intermedi a Genova e Civitavecchia.
L'Imperatore fomenta i pisani a intercettare il convoglio.
Alcune congiure ghibelline vengono scoperte e i responsabili vengono condannati a morte.
Le pene capitali vengono poi tramutate in:
detenzione, esilio, distruzione dei palazzi.
La flotta genovese viene sorpresa il 13/05/1241 presso l'
isola del Giglio,
la sproporzione 40 pisane più 20 imperiali contro le sole 20 genovesi si tramuta in una cocente quanto scontata sconfitta.
A rendere più pesante la sconfitta è il fatto che al comando della flotta nemica sono due genovesi
Ansaldo de Mari ed il figlio
Andreolo.
Vengono armate due flotte di 53 e 70 galee e subito inviate ad intercettare gli imperiali ed i traditori.
L'intercettazione è vana a causa della fuga dei nemici non disposti a dare battaglia.
Mentre Genova affronata l'incandescente scenario internazionale che coinvolge tutta la penisola,
anche la situazione interna e lungo i confini liguri si accende.
Nel 1233 l'esercito genovese viene sconfitto dai rivoltosi della Riviera di Ponente,
già nel 1234 l'esercito vendica l'affronto dell'anno precedente.
Nel 1237 i Tortonesi intenzionati a costruire un castello ad Arquata vengono battuti dalle forze guidate dal Podestà.
Il 05/04/1236 una nuova rivolta di Savona, Albenga e Ventimiglia porta alla cacciata dei genovesi.
14 galee vengono inviate a sottomettere con successo le città ribelli.
Il capo della rivolta savonese viene impiccato a Capo Faro.
Una nuova rivolta delle solite città ponentine e degli imperiali costringe Genova ad inviare 12 galee a capo di
Fulcone Guercio.
La spedizione alterna vittorie e sconfitte (Porto Maurizio) fino all'occupazione di Ventimiglia.
Noli viene ripagata per la fedeltà con l'elevazione al rango di Città e sede Vescovile autonoma da Savona.
Il dono (1240) del castello di Albenga da parte del Vescovo della città a Genova,
scatena una violenta battaglia per terra e per mare.
Lantelmo de Medici e
Giacomo Gattilusio guidano il contingente terrestre.
Rosso della Turca e
Marino de Marini comandano la flotta.
Una nuova guerra contrappone Genova ai Marchesi del Carretto.
Il Vicario Imperiale mette al bando Genova e Noli.
A dicembre del 1240 il Podestà parte guida una spedizione, per terra e per mare,
contro Savona divenuta sede dei ghibellini genovesi fuoriusciti.
Installa la propria base a Varazze e il 16 attacca Monticello dovendo però ritirarsi.
Anche la seconda spedizione del 2/1241 si tramuta in una sconfitta.
Dopo il fallimento del Concilio anti-imperiale,
conseguenza della disfatta navale genovese all'isola del Giglio,
Federico II decide di affrontare definitaivamente Genova.
La strategia prevede un accerchiamento di Genova.
Levante: il Vicario Oberto Pallavicino con un esercito composito.
Ovada: il Vicario Marino d'Eboli con un esercito composito (Pavia, Acqui, Alba, Alessandria, Monferrato, Novara, Tortona, Vercelli, ).
Ponente: esercito composito (Albenga, Finale, Marchesato del Carretto, Savona).
Mare: Ansaldo de Mari con flotta composita (Imperiali, Pisa, Savona) danneggia il commercio marittimo senza però affrontare la flotta genovese e tenta lo sbarco ad Arenzano.
La situazione degenera,
viene perso il Castello di Segno,
ed il Castello di Portovenere,
Levanto viene assediata e la Val Polcevera messa al sacco.
Le forze genovesi impegnate ad assediare Savona ripiegano su Genova per prevenire lo sbarco di Ansaldo de Mari.
Nel 1243
Sinibaldo Fieschi diviene Papa
Innocenzo IV e tenta la mediazione con l'Imperatore.
Federico II promette senza mantenere le promesse e assedia il Pontefice a Sutri dove ha trovato rifugio.
Il Podestà Filippo Vicedomini parte con 22 galee per Civitavecchia dove imbarca il Pontefice fuggito da Sutri il 27/6/1244.
Il 7/7/1244 Innocenzo IV viene trionfalmente accolto a Genova.
Giunto a Lione via terra sempre scortato dai genovesi scomunica l'Imperatore lo dichiara decaduto e scioglie i giuramenti di fedeltà.
L'Imperatore incita nuovamente Pisa ed i ghibellini alla guerra contro Genova.
Il Podestà
Alberto di Mondello arruola un grosso esercito, una nutrita flotta ed affronta i ghibellini.
Vengono anche inviati 500 balestrieri a difendere Parma dalla quale una controffensiva distrugge il campo degli assedianti.
A Bologna viene catturato Re Enzo.
A risolvere positivamente la situazione arriva la notizia del decesso di Federico II il 13/12/1250.
Per festeggiare gli eventi, viene rielaborato lo stemma cittadino inserendo tra gli artigli del Grifo l'aquila imperiale e la volpe pisana.
GRYPHUS UT HAS ANGIT, SIC HOSTES JANUA FRANGIT
I ghibellini accusano il colpo.
Il Podestà Menabò di Torricello raduna un nuovo esercito e marcia su Savona.
Il giorno 12/12/1250 presso la spiaggia di Varazze,
i rappresentanti di Albenga, del Carretto e Savona capitolano e giurano i nuovi patti.
Il Pontefice scomunica il nuovo Imperatore e perdona i ribelli.
Volendo prolungare la pace/alleanza con Genova,
Venezia invia due ambasciatori.
Dopo lo scambio diplomatico,
due ambasciatori a Venezia,
vengono firmati i trattati decennali a Portovenere 1251.
Negli stessi anni Genova è impegnata anche su campi di battaglia lontani.
Già nel 1246
Luigi IX stringe accordi diplomatici con la Repubblica,
con Pisa e Marsiglia per liberare la Palestina sbarcando in Egitto.
Nell'agosto del 1248 facendo prima scalo a Cipro,
sbarca a Damiata facendone facile preda.
L'eccessiva prudenza non permette di sfruttare il vantaggio e la disorganizzazione iniziale delle truppe locali.
L'assedio al Cairo fallisce a causa della riorganizzazione degli assediati, della fame e della peste che flagella tutta l'area.
I crociati in ritirata verso Damiata vengono catturati e Luigi IX deve pagare un riscatto per poter tornare in Francia.
Raggiunta la pace con quasi tutte le nazioni ostili,
rimane aperta il solo conflitto latente con Pisa (guerra corsara).
Viene riportato il danneggiamento di una flotta pisana a causa del maltempo al largo di Genova.
Alla proposta di pace pisana viene viene controfferta la restituzione di Lerici.
La richiesta viene rifiutata da Pisa.
Contro Pisa si coalizzano Genova, Lucca, Firenze e San Miniato.
La coalizione ottiene subito delle importanti vittorie.
Truppe lucchesi battono i pisani,
forze fiorentine saccheggiano i territori pisani.
Una mediazione fiorentina del 10/8/1254 confermata 11/12/1254 pone Lerici sotto Genova ma il rifiuto pisano vanifica lo sforzo diplomatico.
Firenze e Lucca attaccano e vincono a Serchio,
Genova con l'esercito e 80 galee prendono Lerici.
Anche in Sardegna la situazione volta al peggio per Pisa,
nel 1256 il Giudice di Cagliari dona castello Castro a Genova.
La spedizione pisana viene contrastata efficacemente dalle galee genovesi che portano le navi catturate a Genova.
24 galee genovesi puntano su Porto Pisano e poi fanno rotta per la Sardegna.
La morte del Giudice di Cagliari porta forzatamente il suo giudicato sotto quello di Arborea filo pisana.
Una nuova mediazione fiorentina assegna Lerici e Cagliari (come da volontà testamentali) a Genova.
Come già dimostrato negli anni precedenti,
Pisa non rispetta la mediazione e il conflitto prosegue.